literature

L'Evento (titolo provvisorio)

Deviation Actions

Mordin--Solus's avatar
Published:
525 Views

Literature Text

Il segretario generale era entrato in questo istante nella torre Nord.

Il pavimento marmoreo rifletteva la sua siluette e quelle degli alti ufficiali e membri del Consiglio che lo seguivano.

Tutti i soldati di guardia all’ingresso scattarono sull’attenti, salutando quella che doveva essere la più grande concentrazione di potere che si fosse mai vista dalla formazione del Consiglio delle Nazioni.

In quella stanza, dove il vecchio si univa al nuovo e le imponenti lastre di marmo dei pavimenti erano circondate da mura di vetro ed archi in acciaio, erano riuniti il segretario generale del Consiglio, i rappresentati delle sette nazioni della Prima Cerchia e i quattro generali responsabili per l’esercito del consiglio.

L’ ottanta percento del potere economico, politico e militare del pianeta era radunato in quella sala.

Ma dato l’evento che stava per verificarsi, una tale concentrazione di potere era più che giustificata.

Il gruppo proseguì per la propria strada a passo svelto. Dalla loro fretta non poteva non trapelare una punta di eccitazione nei confronti di ciò che stava per accadere.

L’ascensore scalò rapidamente il grattacielo, come se potesse percepire l’ansia dei propri passeggeri.

Molti di loro ancora stentavano a crederci. Sembrava impossibile che un tale avvenimento si stesse verificando sotto i loro occhi. Non che la cosa in sé fosse impossibile. Al contrario, essa era perfettamente fattibile. Ciononostante, chiunque avesse un minimo di buonsenso avrebbe giustamente pensato che un tale evento fosse altamente improbabile, quasi impossibile, considerando non solo i numeri che erano in gioco, ma anche lo stadio di civilizzazione attuale.

Ma per quanto smisuratamente grandi possano essere i numeri e infinitesimamente piccole le probabilità, essi non hanno il potere di cambiare la realtà, per quanto paradossalmente surreale la realtà stessa possa sembrare.

Le porte di vetro dell’ascensore si aprirono lentamente. Dalle viscere di quell’essere meccanico, che per tutta la sua vita percorrerà lo stesso corridoio avanti e indietro, emerse il segretario, seguito a breve distanza dal gruppetto cui egli fungeva da capobranco.

La sala in cui l’ascensore si affacciò era smisurata. Secoli di progresso tecnologico culminavano in questa sala. Schermi, computer, proiettori, apparati di telecomunicazione, sistemi di controllo d’arma si perdevano a vista d’occhio nell’immensità di quella stanza.
Del resto vi doveva essere una ragione se questa era stata soprannominata “L’Occhio del Consiglio”. Tutto intorno alla colonna centrale dell’ascensore vi erano quattro pareti di vetro, immensamente distanti l’una dall’altra. Affacciandosi era possibile vedere la base militare che si estendeva tutto intorno e, più in là, le grandi autostrade che fungevano da arterie a quel cuore pulsante che era la Capitale.

La tensione nell’ “Occhio” era palpabile. Non era possibile udire un singolo rumore, e le decine e decine di persone presenti lavoravano di fronte ai propri schermi ed apparati come formiche operose, attente a non produrre il più minimo rumore, fosse anche per respirare. L’unico suono udibile era il leggero ronzio prodotto dalle macchine che si cibavano di energia elettrica, le quali, nello svolgimento delle proprie funzioni, interrompevano saltuariamente il silenzio surreale della sala con rumori brevi e coincisi, generati a volte dall’immissione di un comando, e delle altre da un avviso diretto a un operatore di questo o quell’apparato. Il tutto era immerso in una soffusa luce blu.

Una figura in uniforme, che prima si stava consultando con un mucchietto in camice bianco, si diresse verso il segretario. Giuntogli di fronte scattò sull’attenti.

“A riposo, Generale”.

Il generale responsabile dell’occhio congiunse le mani dietro la schiena, attendendo che il segretario del Consiglio continuasse il discorso.

“Ci sono stati nuovi sviluppi riguardo la vicenda?”

“No signor segretario, nulla è mutato dell’ultima volta che è stato aggiornato.”

“Bene. Sa dirmi in quanti sono al corrente dei fatti?”

“Solo lei, le persone in questa sala e i massimi rappresentanti delle nazioni della Prima Cerchia, signor segretario”.

“Bene”.

Il segretario alzò il tono della propria voce così che tutti potessero udire. Parlò lentamente, scandendo bene le parole, con tono solenne, e girando lentamente su sé stesso, così da poter guardare verso tutti i presenti mentre parlava.

“Quest’ oggi, questo stesso giorno, in questo stesso istante, stiamo facendo la storia. Nei libri di storia che verranno sfogliati dalle future generazioni, questa sarà  ricordata in tutto il mondo come una data fondamentale. Che essa sia ricordata dai nostri posteri con gioia, o con amarezza, dipende unicamente da voi.”

“Il Consiglio confida nel vostro operato. Le nazioni del mondo confidano nel vostro operato, Io, confido nel vostro operato: non deludete le nostre aspettative”.

Terminato il discorso, il segretario e lo stuolo di politici e militari che lo precedeva si diressero verso il generale che li aveva accolti precedentemente, il quale aveva intanto raggiunto una console che fronteggiava una delle immense pareti di vetro che circondavano la sala.

Il segretario si rivolse al generale:
“Possiamo averlo su schermo?”

“Affermativo signor Segretario”

“Bene, in tal caso proceda”

Tutte le persone nella sala volsero lo sguardo, una dopo l’altra verso la parete di vetro che fronteggiava il Segretario.

Senza distogliere lo sguardo dalla parete, il generale disse: “Computer, procedere con la visualizzazione sulla parete Nord.”

Sulla parete, che ora fungeva da schermo, apparvero numerose immagini e riprese. Al centro di questa, più grande di tutte le altre, spiccava l’immagine di un’astronave, maestosa, che solcava i mari infiniti dell’Universo.

Non era facile intuire le sue dimensioni, non essendo presente nella foto alcun corpo celeste di dimensioni note. Tramite dei rilevamenti basati sulla distanza della nave dal telescopio responsabile delle foto si era ipotizzato che la nave fosse lunga all’incirca un centinaio di kilometri, alta quindici e larga venti.

Dalla struttura della stessa era possibile intuire che la funzione dovesse essere simile a quella di una portaerei, anche se fare congetture attendibili su una tecnologia talmente avanzata era pura follia.

Il colore dello scafo consisteva in un’unica tonalità di grigio, la quale ricopriva tutta la nave nella sua interezza. Le uniche note di colore erano una scritta bianca in un alfabeto incomprensibile e delle enormi lastre di vetro, probabilmente appartenenti alla plancia.

Il vascello era, per tutta la sua lunghezza, costellato di strutture aventi funzione ignota. Ciò nonostante, un qualcosa di indefinito faceva intuire che si trattasse di una nave da guerra.

La teoria della portaerei era stata avanzata a causa della presenza di lastre d’acciaio sul fondo della nave. Era stato ipotizzato che queste lastre fossero in realtà dei portelloni. Se ne contavano circa una quarantina, disposti su due file parallele che percorrevano da capo a coda il fondo della nave. Date le dimensioni del vascello ogni portellone doveva essere un quadrato avente un lato di quattro kilometri.

Il Segretario immaginò di quali meraviglie potesse essere capace una specie che aveva costruito un vascello di tali dimensioni. Chissà dove si trovi il loro pianeta natale, pensò il Segretario, forse in una parte remota della Via Lattea, o addirittura all’infuori di essa!

Ma tali interrogativi dovettero ben presto abbandonare la mente del Segretario, sostituiti da altri di ben altra natura e di ben altro rilievo.

Nessuno era difatti al corrente delle intenzioni di questi visitatori. Potrebbero essere ostili o potrebbero essere amichevoli, potrebbero essere alla ricerca di intelligenze da innalzare al proprio livello o di civiltà da schiavizzare e risorse da razziare.

Oppure, pensò il Segretario, potrebbero avere per noi gli stessi riguardi che noi abbiamo per un insetto, il quale è sì un essere vivente, ma di intelletto inferiore, incapace di far rispettare i propri diritti. E come noi schiacciamo i diritto alla vita degli insetti, spesso per ragioni triviali, senza che ce ne sentiamo in colpa, così questi alieni potrebbero sterminarci in un sol colpo, senza esitazione e senza ripensamenti.

Fu in questo momento che il Segretario si ritrovò a desiderare che l’Universo fosse un luogo dominato unicamente dalla materia inerte, un buio infinito dominato dalla morte.

Egli realizzò che per tutto questo tempo aveva sempre guardato alla vita come un qualcosa di meraviglioso, un miracolo di una bellezza tale che la sua stessa esistenza sembrava impossibile. Più volte gli era capitato di pensare con amarezza a quanto fosse triste l’Universo, vuoto, fatto per la quasi totalità di materia inerte. Un buio rischiarato, sporadicamente, da piccole fiammelle vibranti, sparse e lontane tra loro, da piccoli bracieri in cui ardeva la fiamma della vita.

Ma solo ora egli fu capace di realizzare che la vita era in realtà quanto di più terribile ci fosse nell’Universo. Non un fuoco ristoratore, non una debole fiammella rischi aratrice, ma un divampante incendio. Questa era la vita: un incendio che si nutriva di tutto ciò che si imbattesse sul suo cammino, un incendio la cui unica brama è quella di ingrandirsi sempre di più. Nel migliore dei casi l’incendio cresceva costantemente consumando tutta la materia inerte alla sua portata. Una volta finito il combustibile, questo si sarebbe spento spontaneamente. Ma nel momento in cui due incendi si incontrano, il più grande si nutre dell’altro, così da poter accrescere a dismisure le proprie dimensioni.

E il Segretario si sentiva come una fiammella dedita ad osservare un grande fuoco divoratore che si avvicinava imponente verso di lei.

Il Segretario domandò al generale:

“Ha qualche idea delle intenzioni di questi alieni?”

“Negativo signor segretario. Ci sono stati tentativi di comunicazione, come possono testimoniare le onde radio emesse dal vascello, ma i loro dispositivi di telecomunicazione funzionano diversamente dai nostri. I nostri metodi di trasmissione sembrano essere incompatibili con i loro.”

“Quindi abbiamo un’astronave aliena in avvicinamento e non abbiamo la più pallida idea delle intenzioni del suo comandante”

“Esatto signor Segretario. Devo informarla che nel caso le loro intenzioni fossero ostili le nazioni della Prima Cerchia sono pronte a sferrare un contrattacco termonucleare. Tra la diramazione dell’ordine e il lancio delle testate passerebbero al massimo cinque minuti”

“Lei crede che un attacco termonucleare sia uno strumento effettivo contro la minaccia rappresentata dall’astronave”

“Tutte le conoscenze che abbiamo sul vascello in avvicinamento si basano unicamente su speculazioni formulate nelle ultime 24 ore. Le testate nucleari rappresentano la più potente arma di distruzione in nostro possesso, e di conseguenza l’unica su cui sia lecito contare”

“Quindi tutto quello che possiamo fare è aspettare e sperare per il meglio.”

“Esatto signor Segretario”

“In tal caso la cosa migliore da fare è cercare di scoprire quali siano le loro intenzioni: voglio che ogni uomo in questa sala lavori per mettersi in contatto con il vascello alieno.”

“Agli ordini signor Segretario”.

Un’ora dopo il Segretario, il generale e i più alti rappresentati militari e politici del Consiglio erano riuniti attorno ad un tavolo ovale. Al centro del tavolo era proiettato un ologramma raffigurante la nave aliena in costante avvicinamento alla superficie e, più in particolare, alla torre Nord.

Radunati in un solo edificio vi erano i maggiori esponenti del potere militare e politico di tutto il mondo. Se la nave avesse fatto fuoco, molte nazioni, e i loro rispettivi eserciti, si sarebbero trovati improvvisamente privi della gran parte della loro classe dirigente.

Ma, come aveva fatto notare il Segretario a tutti i presenti, se gli alieni avessero voluto distruggerli, lo avrebbero già fatto.

Nonostante la maggior parte dei presenti fossero tutti intenti a discutere animosamente tra loro, nel tentativo disperato di comprendere quali fossero le intenzioni dei visitatori che incombevano minacciosamente dal cielo, il Segretario era rimasto in disparte per tutta la riunione, assorto nei propri pensieri. Poi, senza preavviso, egli si alzo di scatto, e il silenzio cadde su tutta la sala.

“Le intenzioni degli alieni mi sono ora chiare”

Tutti guardarono il Segretario, senza aprire bocca, intuendo che quella sua dichiarazione avrebbe presto avuto un seguito.

“Immaginate di essere nella loro situazione. Se avessero voluto distruggerci avrebbero avuto innumerevoli occasioni per farlo, eppure nulla è accaduto. Ciò non significa che essi non siano ostili, ma sappiamo che essi non intendono annientarci, o perlomeno non adesso. Ciò non significa che essi non si rivelino ostili. Vi chiedo tuttavia di considerare le due ragioni per le quali questi potrebbero rivelarsi ostili nei nostri confronti: la nostra schiavizzazione, o le nostre risorse. Il primo caso mi sembra semplicemente impossibile. La storia e la tecnologia hanno provato che le macchine sono molto più efficienti degli esseri viventi nello svolgimento di lavori semplici. Essendo noi intelligenze inferiori a quelle che al momento incombono su di noi, ne consegue che gli unici lavori ai quali potremmo venire destinati sarebbero lavori relativamente semplici per i nostri padroni, lavori che essi potrebbero tranquillamente affidare a delle macchine. Basti pensare che mentre nell’antichità utilizzavamo gli animali come mezzo di trasporto o per svolgere lavori quali trainare un aratro, adesso utilizziamo delle macchine. Tolta questa possibilità rimane quella delle risorse. Anche questa è a mio avviso improbabile. Il nostro pianeta non possiede alcuna risorsa che non sia possibile reperire in quantità più che abbondanti su altri pianeti disabitati. L’unica cosa che differenzia il nostro pianeta da tutti gli altri è la presenza di acqua. Ma come tutti voi sapete l’acqua non è nient’altro che una miscela di acqua e idrogeno. Se una civiltà ha raggiunto un tale livello di sviluppo nel campo del volo spaziale sono sicuro che avrà anche trovato un metodo per sintetizzare acqua a livello industriale.”

Il Segretario si fermò un attimo, assicurandosi che tutti avessero compreso il suo discorso e che tutte le parole fossero state recepite correttamente.

“Per tali motivi mi sembra da escludere che gli alieni abbiano delle intenzioni ostili. Essi nutrono dell’interesse nei nostri confronti, altrimenti ci avrebbero semplicemente ignorati. Invece si stanno dirigendo verso di noi e, più precisamente, penso che si stiano dirigendo verso questo stesso edificio”

Nella sala si sparse istantaneamente un vocio soffuso. Appena il Segretario ricominciò a parlare il silenzio cadde nuovamente

“Cercate di immedesimarvi nella loro situazione: cosa fareste se vi steste avvicinando ad un pianeta ignoto popolato da forme di vita intelligenti?”

Un vocio si alzò nuovamente nella sala, e nonostante non fosse possibile comprendere ciò che veniva detto, il Segretario proseguì dicendo:

“Esatto, incontrare il loro leader. E io non ho alcuna intenzione di deluderli”.

Erano passate due ore dal termine della riunione, tutti coloro che vi avevano preso parte erano ora radunati nell’ “Occhio del Consiglio”, in attesa del contatto con gli alieni.

Per tutto quel tempo l’astronave non aveva fatto nient’ altro che avvicinarsi. Essa utilizzava la forza di gravità generata dal pianeta per accelerare verso la posizione della torre Nord. Poiché la componente orizzontale della sua velocità era immensamente più grande di quella verticale generata dalla forza di gravità, l’astronave stava percorrendo un orbita circolare attorno al pianeta, così da potersi trovare esattamente al disopra della torre Nord, senza tuttavia cadere verso l’atmosfera.

Infatti il vascello alieno si teneva ben al disopra dell’atmosfera. La forma del suo scafo era tutt’altro che aerodinamica. Probabilmente questa nave era stata assemblata direttamente nello Spazio, e concepita unicamente per l’utilizzo nello stesso.

Una volta che l’astronave era quasi al disopra della torre Nord, essa uscì dall’orbita che aveva fino ad allora percorso, dirigendosi verso il vuoto dello spazio. Allo stesso tempo si aprì una delle due file di portelloni, i quali scivolarono all’interno dello scafo.

Dai venti portelloni si intravedevano altrettante astronavi, le quali erano probabilmente tenute ferme da una sorta di campo di forza. L’estremità anteriore di ogni astronave era rivolta verso il portellone, per ovvie ragioni.

Improvvisamente tutte le venti astronavi vennero rilasciate: venti vascelli lunghi almeno cinque kilometri fuoriuscirono contemporaneamente dall’antro della macchina che li aveva custoditi per tutto questo tempo. Poiché i portelloni erano sul fondo della nave, i vascelli stavano sfruttando la forza di gravità per accelerare verso la superficie e, più precisamente, verso la torre Nord.

Il Segretario, seguito da uno stuolo di politici e militari, si recò sul tetto della torre per meglio osservare l’avvicinamento delle navi.

Queste apparivano come dei piccoli puntini blu che si ingrandivano a ogni secondo che passava.

Al loro ingresso nell’atmosfera, senza preavviso, i puntini blu divennero istantaneamente sfere infuocate che, avvolte dalle fiamme, splendevano nel cielo come fossero venti nuovi Soli.

Gradualmente le fiamme che circondavano le astronavi si dissiparono e  divenne possibile vederle più chiaramente. Queste erano molto diverse dal vascello che le trasportava: la loro forma era aerodinamica, lo scafo era colorato di bianco, nero e blu. Dal retro delle navi spuntavano delle piccole ali, le quali si ricongiungevano poi con lo scafo a metà della lunghezza di quest’ultimo. I motori erano posizionati in fondo alle ali, allo stesso livello del retro dello scafo, e producevano un’intensa luce blu, la quale consentiva, non senza qualche difficoltà, di localizzare le navi che si stagliavano contro il cielo.

Lo stormo di navi si fermò due kilometri sopra il tetto della torre Nord, e assunse una formazione circolare, con una nave al centro del cerchio. Era uno spettacolo maestoso: navi lunghe kilometri si libravano nel cielo come se fossero delle piume, la leggerezza, l’agilità e la precisione con le quali esse si muovevano erano impressionanti. Il cerchio di navi rimaneva perfettamente immobile sopra la torre, che venne immersa nella luce blu generata dai motori.

Il Segretario guardava le navi, che ormai occupavano la maggior parte del cielo da egli osservabile. Si sentiva schiacciato dalla presenza delle astronavi, come se queste si stessero librando appena sopra la sua testa.

Nonostante lo scafo delle astronavi sembrava essere composto di un unico blocco di lucido metallo, un portellone si aprì su un lato dell’astronave al centro.

Da questo emerse un velivolo. Questo era infinitamente più piccolo delle altre astronavi. Esso era probabilmente lungo una cinquantina di metri e largo una ventina.

La sua forma poteva essere approssimata a quella di un parallelepipedo. Ai quattro spigoli inferiori presentava quattro motori, indipendenti l’uno dell’altro, che potevano ruotare di un angolo largo a piacimento, sia orizzontalmente che verticalmente. Anche questi motori emettevano una forte luce blu.

La navetta accelerò in caduta libera verso il tetto della torre Nord. Per venti lunghi secondi il Segretario vide il velivolo avvicinarsi sempre di più, ingrandendosi a vista d’occhio.

A un centinaio di metri dal tetto il velivolo cominciò a decelerare bruscamente. Nonostante la rapidità della decelerazione questo si muoveva in maniera agile e aggraziata come tutte le altre astronavi.

La navetta si poggiò delicatamente sul tetto. Il Segretario, senza batter ciglio, trattenendo il respiro, guardava il portellone laterale del velivolo.

Questo scivolò lateralmente, e tre figure uscirono dal velivolo. Il Segretario era consapevole del fatto che egli si sarebbe potuto trovare di fronte a degli esseri estremamente diversi, se non ripugnanti.

Invece vide apparire di fronte a sé degli alieni che avevano un aspetto vagamente familiare. Infatti anch’essi camminavano su due piedi, avevano due braccia, due mani, due gambe e una testa.

I tre alieni indossavano una sorta di armatura dall’aspetto futuristico in metallo, la quale aderiva perfettamente al loro corpo. Nonostante questa sembrasse massiccia i tre alieni camminavano in maniera, e dai loro movimenti sembrava che si trovassero a loro agio.

Il Segretario allungò la mano, che venne prontamente stretta dall’alieno che situato in mezzo agli altri due.

“Bene” pensò il Segretario “Almeno la stretta di mano è un qualcosa di Universale”.
Uno sguardo alle mani degli alieni gli consentì di notare che avevano un differente numero di dita. Inoltre i due posti ai fianchi dell’alieno centrale impugnavano un’arma rassomigliante un fucile.

Mentre stringeva mano dell’alieno gli guardò il volto. Questi difatti non indossavano alcun casco: probabilmente, per uno strano caso, respiravano anch’essi una miscela di azoto ed ossigeno. I volti degli alieni presentavano occhi, bocca naso e orecchie, anche se in quantità e posizioni diverse.

Quello che il Segretario non poté evitare di ritenere buffo nonché strano era il colore della loro pelle: rosa.
Una short-story di fantascienza che sono sicurò piacerà agli amanti del genere.
PS Questa short story è stata ideata e scritta in un solo giorno e senza interruzioni. Siccome alla fine ero troppo stanco per correggerla potrebbe presentare alcune piccole imperfezioni al livello di stile.
Questa che state leggendo è solo una bozza, della cui correzione mi occuperò al più presto.
© 2013 - 2024 Mordin--Solus
Comments0
Join the community to add your comment. Already a deviant? Log In